La tiroidite di Hashimoto, anche conosciuta come tiroidite cronica autoimmune, è una patologia che colpisce la tiroide cioè la piccola ghiandola a forma di farfalla che si trova posizionata alla base del collo al di sotto dell’area del pomo di Adamo.

La tiroidite di Hashimoto prende il nome dallo specialista Hakaru Hashimoto che per primo ha descritto questa condizione nei primi anni del secolo scorso.

La tiroide è una ghiandola che fa parte del sistema endocrino ed è responsabile della produzione di ormoni che regolano il metabolismo ed intervengono in maniera diretta o indiretta in praticamente tutte le funzioni del corpo e questo è il motivo per cui, in caso di malattia della ghiandola, i sintomi sono estremamente vari, diffusi e possono essere facilmente confusi con la sintomatologia derivante da altre condizioni o patologie.

Si tratta di una condizione che colpisce soprattutto le donne, in particolare nel periodo della menopausa, ma che è in aumento anche tra le più giovani e nella popolazione maschile.

La tiroidite di Hashimoto viene definita “malattia autoimmune”  in quanto il sistema immunitario produce anticorpi che attaccano i tessuti sani della tiroide danneggiandola e provocando un costante stato di infiammazione che naturalmente ha un impatto negativo sulla capacità della ghiandola di produrre gli ormoni necessari al buon funzionamento dell’organismo.

La tiroidite di Hashimoto è una delle principali e più comuni cause dell’ipotiroidismo.

L’ipotiroidismo non è però l’unica complicazione della tiroidite infatti in alcune persone la ghiandola può arrivare ad essere talmente infiammata e gonfia da provocare lo sviluppo del gozzo che, nei casi più gravi, può compromettere la respirazione e la capacità di inghiottire.

Come funziona la tiroide

La tiroide produce tre tipi di ormoni che interagiscono con tutti gli altri ormoni prodotti dall’organismo, inclusi insulina, cortisolo, e gli ormoni sessuali come estrogeni, progesterone e testosterone, cioè:

  • T3 (triiodotironina)
  • T4 (tiroxina)
  • T2 (diiodotironina)

Quasi il 90% della produzione avviene sotto forma di T4 (la versione inattiva) che viene poi trasformata in T3 (la versione attiva) dal fegato.

Il T2 è il meno conosciuto dei tre ed è ancora oggetto di numerosi studi e ricerche.

La produzione degli ormoni tiroidei è regolata dall’ipofisi, o ghiandola pituitaria o pineale, che a sua volta è comandata dal centro di controllo principale del cervello cioè l’ipotalamo.

Semplificando in pratica se l’ipotalamo riceve il segnale che la quantità di ormoni tiroidei in circolo non è sufficiente a far fronte alle esigenze dell’organismo, esso produce un ormone che segnala all’ipofisi questa mancanza.

L’ipofisi risponde al comando dell’ipotalamo e a sua volta produce l’ormone TSH (ormone tireostimolante) che comanda alla tiroide di aumentare la produzione dei suoi propri ormoni.

Se tutto funziona a dovere il risultato di questo sofisticato meccanismo è che ci saranno a disposizione i giusti livelli di T3 e T4.

In caso di tiroidite di Hashimoto o ipotiroidismo questo meccanismo si inceppa e può essere che venga prodotto troppo poco T4 oppure che, anche se questo viene prodotto nella quantità adeguata, non venga poi convertito in T3 a sufficienza.

Ci può essere anche il caso in cui l’ipotalamo non manda segnali corretti all’ipofisi oppure che quest’ultima, pur ricevendo il segnale giusto, non produce la giusta quantità di ormone TSH.

Quale che sia il caso l’organismo comunque ne subisce le conseguenze.

I sintomi principali della tiroidite di Hashimoto

I sintomi principali della tiroidite di Hashimoto

Alcuni tra i sintomi più comuni della tiroidite di Hashimoto includono:

  • affaticamento
  • depressione e ansia
  • memoria debole e difficoltà di concentrazione
  • instabilità emotiva
  • aumento di peso
  • infertilità
  • facilità a sentire freddo anche quando la temperatura è mite
  • problemi digestivi come stitichezza e gonfiore
  • dolori muscolari
  • gonfiore e dolore alle articolazioni
  • gonfiore al viso, agli occhi e all’addome
  • assottigliamento e perdita dei capelli
  • unghie fragili
  • pelle pallida, ruvida e secca
  • problemi respiratori
  • urinazione frequente e sete eccessiva
  • disfunzioni sessuali e basso livello di desiderio
  • cambiamenti nel ciclo mestruale inclusi la sua mancanza (amenorrea), irregolarità del ciclo
  • raffreddori, infezioni e malattie frequenti dovuti ad un indebolimento del sistema immunitario

Oltre a questi sintomi ci sono altre condizioni patologiche importanti e a lungo termine che si possono sviluppare se problemi alla tiroide e malattie autoimmuni non vengono curati come ad esempio:

  • infertilità, malfunzionamento delle ovaie, complicazioni durante la gravidanza e difetti nel feto
  • gozzo
  • altre disfunzioni delle tiroide come la malattia di Graves e la malattia di Addison
  • anemia perniciosa
  • artrite reumatoide
  • vitiligine
  • lupus eritematoso
  • diabete di tipo 2
  • alti livelli di colesterolo e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari
  • disordini mentali inclusa la depressione
  • problemi al cervello e ai reni
  • danni neurologici
  • infezioni e malattie gravi

Cause e fattori di rischio più importanti della tiroidite di Hashimoto

Cause e fattori di rischio più importanti della tiroidite di Hashimoto

Ricerche hanno mostrato che alla base dello sviluppo di disordini autoimmuni possono esserci diverse cause tra cui la genetica, l’alimentazione, le condizioni ambientali, lo stress, i livelli ormonali e fattori immunologici.

Secondo la medicina ufficiale le cause più probabili della tiroidite di Hashimoto (e di conseguenza anche dell’ipotiroidismo) sono:

  • malattie autoimmuni per cui il sistema immunitario attacca i tessuti sani compresa la tiroide
  • la permeabilità intestinale e altri problemi legati alla digestione
  • allergeni comuni e cibi che possono causare infiammazione come il glutine e i latticini
  • altri cibi di largo consumo che possono portare a sensibilizzazione ed intolleranze come i cereali e gli additivi alimentari
  • stress emotivo
  • carenze nutrizionali

A queste si aggiungono altri fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare disordini della tiroide ad un certo punto della propria vita:

  • essere donna: le donne infatti sono molto più soggette a disordini tiroidei per ragioni che non sono ancora del tutto chiare. Si presume che un motivo possa essere la tendenza della donna a somatizzare maggiormente le situazioni di stress sia fisico che emotivo. Il rischio aumenta dopo i 50 anni (anche la menopausa potrebbe essere uno dei fattori che contribuisce) e può ulteriormente aumentare con il passare degli anni
  • la mezza età: la fascia d’età in cui più facilmente si possono sviluppare disordini alla tiroide è compresa tra i 20 e i 60 anni ma certamente il rischio maggiore è dai 50 anni in su. Moltissime donne al di sopra dei 60 anni soffrono  di ipotiroidismo a vari stadi, nelle donne ancora più anziane è possibile che questo non venga nemmeno diagnosticato in quanto i suoi sintomi possono essere facilmente confusi con quelli della menopausa
  • una storia familiare di disordini autoimmuni: avere avuto un parente che ha sofferto di problemi alla tiroide o di malattie autoimmuni aumenta il rischio incorrere in queste patologie
  • traumi o alti livelli di stress: entrambi questi fattori causano disordini ormonali che a loro volta possono cambiare i livelli di conversione dell’ormone tiroideo T4 in T3 causando quindi un indebolimento del sistema immunitario
  • gravidanza e post parto: il periodo della gravidanza impatta sull’equilibrio ormonale della tiroide in diversi modi e può accadere che alcune donne sviluppino una reazione autoimmune durante e dopo la gravidanza. Questo porta alla cosiddetta tiroidite post partum i cui sintomi in genere si risolvono nell’arco di 12-18 mesi dopo il parto. In una piccola percentuale di donne però questa condizione può evolvere in un ipotirodismo permanente.
  • una storia di disordini alimentari e sovrallenamento: entrambi questi fattori riducono le funzioni della tiroide e contribuiscono a creare squilibri ormonali
  • fumare: si è scoperto che fumare sigarette, l’esposizione al tabacco e l’uso di droghe ricreative di altro genere può innescare reazioni autoimmuni compresa la tiroidite di Hashimoto; non si sa ancora bene come questo tipo di sostanze agisca ma si presume che l’alta quantità di agenti tossici che contengono sia responsabile di una risposta anomala da parte del sistema immunitario
  • assunzione di farmaci: ad esempio steroidi, barbiturici, anticolesterolemici e betabloccanti che possono interrompere il lavoro della tiroide
  • esposizione a sostanze chimiche che danneggiano la funzionalità endocrina come il mercurio, gli ftalati, il piombo e il bisfenolo-A (BPA)
  • esposizione a bromo, fluoro e cloro: il bromo si trova in pesticidi, plastiche, prodotti da forno e bibite che contengono oli vegetali brominati e nei ritardanti di fiamma; il fluoro è ancora oggi in molti paesi aggiunto all’acqua potabile e viene dato ai bambini in quanto ritenuto in grado di abbattere il rischio di carie ai denti. Il cloro si trova in prodotti per la casa come sbiancanti e candeggianti, viene usato come disinfettante nelle piscine, nelle plastiche, nei solventi, coloranti, alimenti, insetticidi, vernici, viene usato nella produzione e lavorazione della carta, prodotti petroliferi, medicine e tessuti. Questi tre elementi fanno tutti parte della stessa famiglia e le ricerche hanno dimostrato che hanno la capacità di interferire e danneggiare le funzioni endocrine e colpiscono diverse ghiandole come la tiroide, la paratiroide, l’ipofisi, le surrenali e il pancreas. In particolare il fluoro ha la capacità di simulare l’ormone TSH, di danneggiare le cellule della tiroide e di interrompere la conversione dell’ormone tiroideo T4 nella versione attiva T3
  • metalli pesanti: anche l’esposizione ai metalli pesanti potrebbe essere parte del problema

Come diagnosticare la tiroidite di Hashimoto

L’esame più comune per diagnosticare la presenza di disfunzioni della tiroide è quello che misura i livelli di TSH prodotti dall’ipofisi.

Dato che, quando la tiroide non funziona a dovere, l’ipofisi aumenta la produzione di ormone tireostimolante la presenza di alti  livelli di TSH è considerata un fattore indicativo importante della presenza di disordini della tiroide.

Non sempre però questo esame, anche se al momento è ritenuto il migliore per questo tipo di diagnosi, si dimostra del tutto affidabile in quanto ci sono casi in cui può dare risultati falsati.

Può accadere infatti che pazienti che hanno livelli di TSH considerati nella norma mostrano comunque sintomi di disfunzioni alla tiroide.

Parte del problema è data dal fatto che questo esame per funzionare correttamente parte dal presupposto che la produzione ormonale del resto dell’organismo funzioni a dovere e non tiene conto, né può rilevare, gli effetti dell’esposizione a sostanze di vario tipo (quali quelle elencate poco sopra) che possono interrompere o disturbare pesantemente la segnaletica ormonale a diversi livelli e non solo nella tiroide.

Un’altra parte del problema è data dal fatto che ci sono ancora pareri discordanti su quelli che sono da ritenere livelli normali ed accettabili del TSH nel sangue e, in aggiunta, nei primi stadi della malattia i livelli di ormoni tiroidei potrebbero ancora rientrare nella norma.

Per questi motivi limitare la diagnosi a quest’unico esame non è consigliabile ed è quindi meglio integrare con altri esami per avere un quadro più ampio e preciso della situazione reale.

Gli esami che sono possibili al momento sono:

  • test dei livelli del TSH
  • test che misura i livelli di T4 e T3
  • test che verifica la presenza di anticorpi tiroidei, tipicamente presenti in caso di tiroidite di Hashimoto
  • test della temperatura basale di Barnes che misura la temperatura del corpo in condizione di riposo e consente di capire se l’organismo si trova in stato ipometabolico, normale o ipermetabolico (la tiroide funziona come un termostato e regola anche il consumo di energia dell’organismo)
  • test di stimolazione del TRH: l’ormone di rilascio della tireotropina o TRH (dall’inglese Thyrotropin Releasing Hormone) è l’ormone secreto dall’ipotalamo che segnala all’ipofisi di produrre il TSH. Questo test permette di capire se la tiroide non produce abbastanza ormoni tiroidei a causa dell’incapacità dell’ipotalamo di produrre TRH
  • esame della T3 inversa (ancora poco conosciuto ed utilizzato in Italia) che misura la quantità di T3 presente nel sangue; livelli molto elevati di T3 potrebbero indicare intossicazione da metalli pesanti

Conclusione

La tiroidite di Hashimoto è una patologia seria che non deve essere sottovalutata e trascurata.

Vediamo in sintesi i fatti che riguardano questa malattia:

  • la tiroidite di Hashimoto, anche conosciuta come tiroidite cronica autoimmune, è una malattia che colpisce la tiroide una delle principali ghiandole del nostro sistema endocrino; è definita autoimmune in quanto il sistema immunitario produce anticorpi che attaccano i tessuti sani della tiroide compromettendo la sua capacità di produrre gli ormoni tiroidei necessari all’organismo
  • è una patologia che colpisce soprattutto le donne, in particolare nel periodo della menopausa, ma che è in aumento anche tra le più giovani e nella popolazione maschile
  • è una delle principali cause dell’ipotiroidismo ma può portare anche altre complicazioni come lo sviluppo del gozzo dovuto all’ingrossamento della ghiandola
  • i sintomi sono estremamente vari e diffusi e possono essere facilmente confusi con quelli di altre condizioni (vedi menopausa) o patologie in quanto la tiroide produce ormoni che direttamente o indirettamente intervengono nel metabolismo di tutto l’organismo
  • tra le cause oggi riconosciute come possibili nello sviluppo di disordini autoimmuni ci sono l’alimentazione, la genetica, le condizioni ambientali e l’inquinamento, alti livelli di stress, l’ereditarietà, condizioni patologiche dell’intestino come la permeabilità intestinale, il consumo di cibi allergenici e potenzialmente infiammanti come glutine e latticini, carenze nutrizionali
  • alcuni tra i più importanti fattori di rischio nello sviluppo della malattia sono: l’età, il fumo, l’assunzione di farmaci, l’esposizione a varie sostanze chimiche, disordini alimentari, lo stress e l’anamnesi familiare
  • l’esame più comune prescritto per diagnosticare la tiroidite di Hashimoto è quello che misura i livelli del TSH; dato però che si tratta di un esame che può dare risultati falsati o incerti è consigliabile per sicurezza affiancare a questo test di base anche altri esami che possono dare un’idea più precisa della situazione come ad esempio il test che verifica la presenza di anticorpi tiroidei o il test della temperatura basale di Barnes

Se sospetti di avere problemi alla tiroide la prima cosa che puoi fare (oltre naturalmente a fare tutti gli accertamenti medici necessari) è certamente lavorare sulla tua alimentazione.

Uno stile alimentare come quello che consigliamo nel SAUTÓN Approach, che ha lo scopo principale di spegnere l’infiammazione generalizzata nell’organismo e riportarlo ad una situazione di calma ed equilibrio, non può che avere effetti benefici anche per malattie come la tiroidite di Hashimoto.

Se non sai come fare o hai difficoltà a fare da solo prendi in considerazione l’idea di farti seguire da un coach scelto da Francesca tra i trainer che si sono formati alla sua scuola.


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Fonti:

Endocrineweb.com

Mayoclinic.org

Mercola.com

DrAxe.com