Sapevi che ben il 90% dei grassi Omega-3 presenti nel nostro cervello è costituito dal DHA?

Questo acido grasso dal nome impronunciabile 🙂 (acido docosaesaenoico) compone infatti metà della membrana plasmatica che ricopre la cellula di ogni neurone.

Oggetto di numerosi studi negli ultimi decenni, il DHA merita di essere conosciuto meglio. In questo articolo scopriremo i benefici di questo grasso e come gli scienziati sono arrivati a comprenderne l’importanza.

Cervello, fonte di radicali liberi

Le cellule del nostro cervello durante le loro funzioni producono da sole un’enorme quantità di radicali liberi senza alcun fattore di protezione, presente invece in altre parti del corpo.

L’organismo da solo è in grado di arginarne la massiccia produzione nei periodi in cui registra un maggiore stress ossidativo, grazie alle proprie difese antiossidanti, consistenti nell’attivazione di enzimi e particolari molecole.

DHA e la proteina che apre le porte agli antiossidanti

Una proteina chiamata Nrf2, attivandosi, apre le porte a una vasta gamma di enzimi detossificanti e ai principali antiossidanti, primo tra tutti il glutatione, che innescano così meccanismi di riparazione e difesa dai danni di un invecchiamento precoce.

La bella notizia è che le nuove ricerche, tra cui quella della Dott.ssa Ling Gao della Vanderbilt University di Nashville, hanno evidenziato come i radicali liberi, mentre attaccano particolari grassi omega 3, EPA e DHA, liberano una quantità di materiale ossidato tale da innescare l’attivazione della proteina Nrf2 e dei naturali meccanismi di difesa.

In pratica si è riscontrato come nei soggetti che consumano olio di pesce, fonte primaria di acidi grassi omega 3, tra cui EPA e DHA, vi sia una minore incidenza di danni da radicali liberi nel cervello, tra cui l’infiammazione a carico delle cellule neuronali, cosa che lo protegge da malattie neurodegenerative.

 DHA e Alzheimer

 DHA e Alzheimer

In uno studio, condotto su 815 anziani di età compresa tra i 65 e i 94 anni, si è riscontrato come il DHA abbia un effetto protettivo notevole sul cervello. Nei soggetti che consumavano una maggiore quantità di DHA si è registrata una riduzione del rischio di contrarre l’Alzheimer pari al 60%.

Il DHA protegge anche la salute degli occhi dalla degenerazione maculare dovuta all’avanzare dell’età e dalla cataratta.

Negli anziani vi è dunque una maggiore necessità di incrementare l’apporto di DHA per prevenire il declino cognitivo e malattie come il Parkinson e l’Alzheimer.

Ulteriori studi e ricerche consigliano di ricorrere all’integrazione di DHA molto prima della manifestazione dei primi sintomi del morbo, quando si è nella fase asintomatica.

DHA e bambini

Bassi livelli di DHA sono stati associati a difficoltà nella lettura, nell’apprendimento e nella memoria, nonché a problemi comportamentali, nei bambini in età scolare.

Più di recente, due nuovi studi hanno confermato che aumentare l’assunzione di DHA nel neonato e nel bambino in età scolare può migliorare le capacità cognitive e condurre a una minore difficoltà nell’apprendimento delle regole e a maggior scioltezza nella lettura.

Altri studi hanno messo in relazione il disturbo di iperattività e deficit di attenzione (ADHD) e relative difficoltà di apprendimento con bassi livelli di Omega 3.

Un’integrazione di DHA sin da bambini scongiura anche problemi legati all’ansia e alla depressione in fase adulta e sottolinea l’importanza di questo prezioso grasso nella fase dello sviluppo cerebrale.

DHA, fertilità e gravidanza

Il DHA svolge un ruolo fondamentale nella mobilità dello sperma e della salute degli spermatozoi negli uomini. Bassi livelli di DHA nel sangue sono stati associati a diminuzione della fertilità.

I benefici del DHA sono stati studiati e confermati anche durante la gravidanza, periodo estremamente importante nella formazione del sistema nervoso centrale e della retina del feto.

Studi e ricerche hanno infatti evidenziato come un mancato o scarso apporto di grassi Omega-3 nelle donne in gravidanza sia associato alla nascita prematura o sottopeso, oltre all’iperattività nei bambini.

L’assunzione di DHA è raccomandata anche durante l’allattamento in quanto i neonati lo ricevono attraverso il latte materno, importantissimo per un sano sviluppo del cervello e la difesa immunitaria.

Come aumentare i livelli di DHA

Il corpo produce piccole quantità di DHA sintetizzandolo dall’acido linolenico, appartenente sempre alla famiglia degli Omega-3 e d’altro canto la quantità che ci occorre (circa 200-300 mg al giorno, secondo il Dott. David Perlmutter), è difficile reperirla dal cibo. Lo stesso Dottor Perlmutter raccomanda l’assunzione sotto forma di integratori sin dall’infanzia.

In quali cibi è contenuto naturalmente il DHA?

La più ricca fonte di DHA  in natura è il latte materno.

Gli alimenti ricchi di DHA sono poi pesce selvaggio, fegato e cervella di animali: tutte fonti che la maggior parte delle persone non consuma in grande quantità.

La forma migliore di Omega-3, contenente i due acidi grassi DHA e EPA, essenziali alla funzione del cervello, può essere trovata solo in certi pesci e nell’olio di krill (zooplancton).

Carenze di DHA

Carenze di DHA

La causa principale della carenza di Omega-3 è il sovra-consumo di alimenti ad alto contenuto di acidi grassi Omega-6, che ne impediscono la corretta assimilazione.

Ricchi di Omega-6 sono i cibi fritti, e gli alimenti in scatola che contengono oli vegetali come l’olio di soia, l’olio di semi di girasole, l’olio di semi di cotone e l’olio di mais.

Quando l’assunzione di Omega-3 è inadeguata, le cellule nervose diventano rigide e più inclini all’infiammazione poiché i grassi Omega-3 mancanti sono sostituiti da colesterolo e dagli Omega-6.

Non solo DHA

Fanno parte degli Omega 3 tutti gli acidi grassi polinsaturi, detti PUFA. Un’altra forma utile di Omega-3 sono i semi di lino, i semi di chia e di semi di canapa.

Controindicazioni

Purtroppo quasi tutti i pesci ricchi di EPA e DHA sono ora gravemente contaminati da mercurio tossico, per questo motivo non è consigliabile consumare pesce regolarmente. L’unica eccezione è il salmone dell’Alaska, il pesce molto piccolo, come le sardine e le acciughe.

Il salmone d’allevamento va invece evitato in quanto contiene solo circa la metà dei livelli Omega-3 del salmone selvaggio e può anche contenere una serie di contaminanti nocivi, tra cui tossine ambientali, astaxantina sintetica e sottoprodotti metabolici pericolosi e residui agricoli di organismi geneticamente modificati dal mangime a base di mais e di soia.

Se si soffre di disturbi emorragici, o se si assumono farmaci anticoagulanti, è consigliabile utilizzare supplementi di olio di pesce con estrema cautela poiché dosi elevate di acidi grassi Omega-3 possono aumentare il rischio di sanguinamento.


Fonti:

Mercola.com

DrAxe.com

American Pregnancy

David Perlmutter “La Dieta intelligente” Edizioni Mondadori


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